Appalti PNRR e costo della manodopera: le conferme del TAR

Esistono due argomenti che sono stati largamente dibattuti dagli operatori, dagli enti preposti al controllo e dalla giurisprudenza: la normativa applicabile agli appalti finanziati con i fondi del PNC/PNRR e l’indicazione, ribassabilità e verifica del costo della manodopera.

Appalti PNC/PNRR: si applica il nuovo Codice dei contratti

Temi che trovano una nuova conferma nell’interessante pronuncia del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana che, con la sentenza n. 493/2024, chiarisce ancora una volta alcuni aspetti su cui si è fatta molta confusione.

Il primo riguarda, appunto, la normativa applicabile agli appalti finanziati con i fondi del PNC/PNRR sul quale era già intervenuto il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con la “famosa” Circolare 12 luglio 2023 ad oggetto “Il regime giuridico applicabile agli affidamenti relativi a procedure afferenti alle opere PNRR e PNC successivamente al 10 luglio 2023 – Chiarimenti interpretativi e prime indicazioni operative” mediante la quale ha evidenziato che “il portato normativo della disposizione di cui all’articolo 225, comma 8 sopra richiamata (del d.lgs. n. 36/2023, n.d.r.), conferma, anche in vigenza del nuovo Codice, la specialità sia delle disposizioni derogatorie al d.lgs. n. 50 del 2016 introdotte ai sensi del d.l. n. 77 del 2021 per le opere PNRR e assimilate, sia dei rinvii al medesimo decreto legislativo e ai relativi atti attuativi operati dallo stesso d.l. n. 77 del 2021, i cui effetti vengono espressamente fatti salvi anche successivamente al 1° luglio 2023”.

Confermate, dunque, le disposizioni derogatorie del D.L. n. 77/2021, è rimasto il dubbio che potessero restare in vigore anche i riferimenti al vecchio D.Lgs. n. 50/2016. Dubbio definitivamente chiarito solo a seguito di diverse pronunce tra le quali ricordiamo:

  • la sentenza del TAR Umbria 23 dicembre 2023, n. 758;
  • la sentenza del TAR Lazio  gennaio 2024, n. 134.

Tesi nuovamente ribadite con la nuova sentenza del TAR Toscana n. 493/2024 secondo la quale dalla lettura combinata dell’art. 225, comma 8 e del successivo art. 226, commi 1 e 5 del D.Lgs. n. 36/2023, si deduce:

  • l’abrogazione, a far data dall’1 luglio 2023, del D.Lgs. n. 50/2023;
  • l’opposta soluzione ermeneutica per cui i richiami a tale ultimo decreto contenuti in disposizioni legislative, regolamentari o amministrative vigenti debbano intendersi dinamicamente riferite alle corrispondenti disposizioni del nuovo codice o, in mancanza, ai principi desumibili dallo stesso.

Restano salve le disposizioni che introducono, in funzione semplificativa ed acceleratoria, norme speciali per la realizzazione di appalti finanziati con i fondi PNRR o PNC, ma ciò non consente di sostenere la reviviscenza o la permanenza in vigore tout court del D.Lgs. n. 50/2016.

Sul tema, la giurisprudenza ha avuto modo di sottolineare che “per le procedure di affidamento di contratti finanziati con le risorse previste dal PNRR e dal PNC, per quanto non derogato o comunque non diversamente disciplinato dal d.l. n. 77/2021, deve applicarsi il d.lgs. n. 36/2023, in forza dell’art. 226 del nuovo codice dei contratti pubblici, il quale, dopo aver sancito l’abrogazione del d.lgs. n. 50/2016 dal 1 luglio 2023 e la sua residua applicazione «esclusivamente ai procedimenti in corso» (commi 1 e 2), stabilisce al comma 5 che «ogni richiamo in disposizioni legislative, regolamentari o amministrative vigenti al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 del 2016, o al codice dei contratti pubblici vigente alla data di entrata in vigore del codice, si intende riferito alle corrispondenti disposizioni del codice o, in mancanza, ai principi desumibili dal codice stesso». Infatti, al di là delle disposizioni di cui al d.l. n. 77/2021 e delle altre fonti espressamente richiamate dall’art. 225, co. 8, del d.lgs. n. 36/2023, applicabili anche alle procedure finanziate con i fondi del PNRR pur se bandite successivamente al 1.7.2021, dovranno trovare dunque applicazione le norme ed i principi del nuovo codice dei contratti pubblici, dovendosi ritenere ad essi riferito «ogni richiamo in disposizioni legislative, regolamentari o amministrative vigenti al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”.

In definitiva, alle gare finanziate dai fondi PNRR/PNC devono ritenersi applicabili le norme del nuovo codice dei contratti pubblici nonché i relativi principi (oltre che le disposizioni speciali previste dall’ordinamento per le gare finanziate dai fondi PNRR/PNC stessi).

Costo della manodopera e verifica di congruità

Il secondo tema affrontato dal TAR Toscana riguarda i costi della manodopera. Secondo il ricorrente la stazione appaltante avrebbe aggiudicato la gara senza aver provveduto preliminarmente alla necessaria verifica degli oneri di sicurezza aziendali, indicati nell’offerta del vincitore. Ritiene, peraltro, che tali oneri siano stati quantificati in misura insufficiente laddove rapportati al costo dei lavori, venendosi a determinare una incidenza pari al coefficiente di 0,007, inferiore a quello minimo, pari a 0,0076, usualmente utilizzato e previsto nelle indicazioni operative sulla verifica di congruità degli oneri aziendali della sicurezza di ITACA pubblicate il 19 febbraio 2015.

Preliminarmente il TAR ha evidenziato che i costi della manodopera offerti dal vincitore risultano pari a quelli indicati nel disciplinare di gara dalla stazione appaltante. Dunque, la commissione di gara ha rilevato che nessuna offerta risulta anomala senza nulla determinare, in modo esplicito, in merito al rispetto dei minimi salariali. Mancanza che, secondo il TAR, non è in grado di inficiare il comportamento della stazione appaltante.

Secondo i giudici di primo grado, la corrispondenza tra i costi della manodopera offerta e quelli iscritti nel disciplinare di gara legittimano la Commissione di gara a presumere la congruità dei valori offerti, soprattutto in assenza di contestazioni, da parte dei concorrenti, sulla valorizzazione recata dalla lex specialis.

Sebbene la sovrapponibilità tra i costi della manodopera offerti e quelli stimati dalla stazione appaltante non ne implichi necessariamente la relativa congruità – giacché l’effettiva sostenibilità e congruità può dipendere da plurimi fattori (in primis dal contenuto dell’offerta tecnica e dalla qualità della prestazione ivi descritta) – è ragionevole ritenere che tale coincidenza serva a fondare una presunzione di congruità che, per essere contestata, necessiti quantomeno di un principio di prova.

La giurisprudenza peraltro ha avuto modo di puntualizzare che “per censurare utilmente l’aggiudicazione impugnata per il profilo dei costi di manodopera indicati dall’operatore aggiudicatario, parte ricorrente avrebbe dovuto contestarne la sufficienza, eventualmente supportando tale contestazione con la prova della loro omessa verifica da parte della commissione di gara; di contro, non è sufficiente a invalidare l’aggiudicazione la mera mancata formalizzazione di tale controllo, in assenza di qualsiasi deduzione (supportata da elementi di prova) sul fatto che tale errore abbia prodotto conseguenze sostanziali”.

In altri termini, per inficiare le operazioni di valutazione e aggiudicazione di una gara pubblica non basta contestare la mancanza del formale passaggio valutativo del costo della manodopera ma occorre fornire quantomeno un principio di prova sulla non correttezza dei valori di gara e delle corrispondenti offerte presentate che, nel caso di specie, il ricorrente non ha offerto.

In definitiva, il comportamento tenuto dalla stazione appaltante risulta coerente con l’apprezzamento sostanziale della tenuta dell’offerta economica dell’aggiudicatario che risponde ai parametri recati nella lex specialis sia per la parte relativa ai costi della sicurezza che per la parte relativa ai costi della manodopera.

Quanto agli oneri per la sicurezza la giurisprudenza ha avuto modo di evidenziare che “ove l’offerta non sia sospettata di anomalia non è previsto alcun accertamento sull’entità degli oneri di sicurezza in relazione all’appalto, accertamento che s’impone soltanto in caso di verifica di anomalia dell’offerta. Pertanto, nella specie, non essendo l’offerta sospettata di anomalia, né la stazione appaltante era tenuta a richiedere, né l’aggiudicataria a fornire, giustificazioni relativamente agli oneri della sicurezza ovvero a qualsivoglia altro costo diverso da quello indicato per la manodopera”.

Oltretutto, l’art. 41 del D.Lgs. n. 36/2023 prevede che “nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”. Il successivo art. 108, comma 9, del Codice, prevede che “nell’offerta economica l’operatore indica, a pena di esclusione, i costi della manodopera e gli oneri aziendali per l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro…”.

Dunque, l’onere istruttorio della stazione appaltante per la valutazione del rispetto dei minimi salariali e, più in generale, dei costi della manodopera e dei profili di sicurezza scatta, oltre che nelle ipotesi di anomalia dell’offerta (ai sensi dell’art. 110 del codice), nei casi in cui l’importo offerto dal concorrente (in termini assoluti o di sconto) intacchi i valori indicati dalla stazione appaltante.

L’art. 108 del nuovo Codice non reca più la necessità generalizzata di procedere alla verifica d’ufficio dei costi della manodopera, come invece riportato all’art. 95, comma 10 del precedente Codice. Ciò significa che nessun onere di esplicita o formale valutazione della congruità dei costi della manodopera e degli oneri della sicurezza può essere imputato alla stazione appaltante, laddove il concorrente abbia formulato una offerta nel pieno rispetto dei valori indicati nel disciplinare di gara, ai sensi dell’art. 41 del D.Lgs. n. 36/2023 e non emergano elementi che possano mettere in dubbio la congruità dei valori offerti.

 

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