Il Consiglio di Stato nella sentenza n. 2953/2020, nonostante rigetti il ricorso proposto a causa della genericità ed indeterminabilità del contratto di avvalimento tecnico/operativo, è fermo nello stabilire che la stessa generalità ed indeterminabilità non può derivare ex se dalla mancata indicazione della quantità dei mezzi d’opera o del personale dipendente messi a disposizione dalla parte ausiliaria.
L’articolo che disciplina l’oggetto del contratto di avvalimento, si limita a dire che il trasferimento di competenze viene effettuato «mediante la messa a disposizione di un addetto in grado di trasferire tutte le conoscenze e le esperienze oggetto di avvalimento».
Il Consiglio di Stato richiama la giurisprudenza dell’Adunanza plenaria che, con sentenza 4 novembre 2016, n. 23 ha statuito che l’indagine in base agli elementi essenziali dell’avvalimento cosiddetto ‘operativo’ «deve essere svolta sulla base delle generali regole sull’ermeneutica contrattuale» e in particolare secondo i criteri affermati dal Codice civile di interpretazione complessiva e secondo buona fede delle clausole contrattuali.
Il contratto di avvalimento «non deve quindi necessariamente spingersi, ad esempio, sino alla rigida quantificazione dei mezzi d’opera, all’esatta indicazione delle qualifiche del personale messo a disposizione ovvero alla indicazione numerica dello stesso personale».
Di.Sa conclude dicendo che, posto l’assenza di un tale obbligo di rigidità sostanziale, l’assetto negoziale deve prevedere, da un lato, la messa a disposizione di personale qualificato, specificando se per la diretta esecuzione del servizio o per la formazione del personale dipendente dell’impresa ausiliata, dall’altro i criteri per la quantificazione delle risorse e/o dei mezzi forniti. In assenza di tali criteri di determinabilità, appare infatti certo il rischio di un uso strumentale del contratto di avvalimento tecnico/operativo.