Cessione del credito e Superbonus: il no del Fisco al trasferimento dei crediti
Nel caso in cui un’azienda decida di acquisire crediti fiscali derivanti da interventi Superbonus da una propria partecipata, essi possono essere poi trasferiti anche nel caso in cui quest’ultima cessi o affitti il ramo d’azienda?
Trasferimento crediti da Superbonus: il no dell’Agenzia delle Entrate
Sulla questione, posta da una società intenzionata ad acquisire dei crediti derivanti da interventi di riqualificazione energetica e di miglioramento del rischio sismico disciplinati dall’art. 119 del Decreto Rilancio, è intervenuta l’Agenzia delle Entrate con la risposta n. 234/2023, con la quale ha definito i limiti dell’operatività dell’art. 121 del D.L. n. 34/2020 stesso. In particolare, il dubbio interpretativo verte, in particolare, sulla possibilità che il credito in esame si possa trasferre al cessionario/affittuario per effetto della cessione o dell’affitto del ramo d’azienda.
Opzioni alternative alla detrazione diretta: l’art. 121 del Decreto Rilancio
Nel rispondere al quesito, il Fisco ha specificato innanzitutto quanto previsto dall’articolo 121 del decreto Rilancio, convertito con modificazioni dalla legge n. 77/2020, almeno fino al 16 febbraio 2023. Dal 17 febbraio 2023 in poi, ricordiamo che il D.L. n. 11/2023 (c.d. “Decreto Cessioni”) ha vietato l’utilizzo delle opzioni previste dalla nroma.
In praticolare, l’art. 121 del D.L. n. 34/2020 dispone che i soggetti che sostengono spese per interventi di efficientamento energetico, miglioramento del rischio sismico, recupero o restauro delle facciate, possono optare, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione spettante:
- per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi e da questi ultimi recuperato sotto forma di credito d’imposta (cd. sconto in fattura);
- per la cessione di un credito d’imposta di pari ammontare ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, senza facoltà di successiva cessione, fatta salva la possibilità di tre ulteriori cessioni solo se effettuate a favore di banche e intermediari finanziari, di società appartenenti a un gruppo bancario, ovvero di imprese di assicurazione autorizzate ad operare in Italia; alle banche, ovvero alle società appartenenti ad un gruppo è sempre consentita la cessione a favore di soggetti diversi dai consumatori o utenti, che abbiano stipulato un contratto di conto corrente con la banca stessa, ovvero con la banca capogruppo, senza facoltà di ulteriore cessione.
Ambito di operatività dell’art. 121 del Decreto Rilancio
Sul punto, il Fisco ha evidenziato che l’art. 121 contiene una disciplina compiuta in ordine alla cessione dei crediti derivanti dall’effettuazione dei lavori specificamente previsti dalla stessa norma; con tale previsione, quindi, il legislatore ha inteso dettare una disciplina ad hoc che opera in deroga a quella di carattere generale prevista per la cessione dei crediti d’imposta (che vieta espressamente che il cessionario possa cedere il credito oggetto della cessione) e della cessione delle eccedenze nell’ambito del gruppo di cui agli articoli 43bis e 43ter del d.P.R. n. 602/1973.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, in relazione alla disciplina della circolazione dei s bonus edilizi occorre, quindi, valorizzare la scelta del legislatore di non operare un rinvio tout court alle suddette regole generali, ma di dettare una disciplina caratterizzata dalla tassatività delle regole di circolazione.
Considerato quindi che l’art. 121 non consente un’ulteriore cessione del credito da parte del soggetto che lo abbia acquistato dal titolare del diritto alla detrazione a soggetti diversi da quelli espressamente menzionati, la società non potrà trasferire, in sede di cessione/affitto del ramo d’azienda, il credito residuo contestualmente agli asset che compongono quest’ultima in quanto, per effetto della cessione o dell’affitto del ramo d’azienda, si determinerebbe un mutamento della titolarità del credito, incompatibile col divieto di ”cessioni” successiva alla prima previsto dal citato articolo 121.