Il valore di una concessione deve essere stimato considerando tutti i servizi, anche quelli eventualmente affidabili. Lo ha precisato l’ Autorità nazionale anticorruzione (Anac) nella deliberazione del 4 marzo 2020 n. 228. Nel merito, un concorrente formulava istanza di parere all’ Anac,su una procedura di gara per l’ affidamento del servizio di gestione del bar caffetteria della sala convegno di un circolo militare, esprimendo perplessità in ordine alla mancata indicazione del canone demaniale e al carattere di eventualità del servizio ristorante.
L’ Autorità ha fatto presente che l’ articolo 167 del dlgs n. 50/2016 dispone, al comma 1, che il valore di una concessione, ai fini di cui all’ articolo 35, è costituito dal fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata del contratto, al netto dell’ Iva, stimato dall’ amministrazione aggiudicatrice o dall’ ente aggiudicatore, quale corrispettivo dei lavori e dei servizi oggetto della concessione, nonché per le forniture accessorie a tali lavori e servizi. La ratio dalla norma, si legge nella delibera, consiste nel garantire che il valore della concessione sia correlato al complesso degli introiti che possono essere ricavati, sotto qualsiasi forma, dal concessionario. L’ Anac ha invitato a ricomprendere nel valore della concessione, tutti i servizi posti in gara, compreso il servizio di ristorazione, ad oggi valutato come eventuale in quanto sottoposto alla condizione del rilascio dell’ idoneità dei locali da parte dell’ autorità competente.
Di.Sa dice che questo anche perché la giurisprudenza è concorde nell’ affermare che nell’ indicare il valore presunto della concessione, la stazione appaltante «laddove impossibilitata per motivi oggettivi a farlo (perché, per esempio, il servizio viene affidato per la prima volta, oppure perché il concessionario uscente non ha voluto fornire il relativo dato), è quantomeno tenuta a fornire gli elementi analitici a sua conoscenza che possano consentire ai concorrenti di formulare un’ offerta seria».