Il divieto di pantouflage è disciplinato dall’art. 53, co. 16-ter del d.lgs. n. 165/2001 introdotto dall’art. 1, co. 42, lett. l), della legge. n. 190/2012, che dispone l’impossibilità per i dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni, di svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell’attività dell’amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri.

Nel dettaglio si prevede che:

  • i contratti di lavoro conclusi e gli incarichi conferiti in violazione del divieto ad un ex dipendente pubblico sono nulli ed è inoltre previsto l’obbligo per l’ex “dipendente pubblico” di restituire i compensi eventualmente percepiti e accertati, riferiti a detti contratti o incarichi;
  • i soggetti privati che hanno concluso contratti o conferito incarichi in violazione del divieto non possono contrattare con “le pubbliche amministrazioni” per i successivi tre anni.

Per evitare l’applicazione delle sanzioni conseguenti alla violazione del divieto, la norma prevede un periodo di raffreddamento di tre anni decorrente dalla cessazione del rapporto di pubblico impiego.

Ciò al fine di scoraggiare comportamenti impropri dei dipendenti pubblici che, facendo leva sulla propria posizione all’interno dell’amministrazione, potrebbero precostituirsi situazioni vantaggiose, con la prospettiva di un incarico/rapporto di lavoro presso l’impresa o il soggetto privato con cui entrano in contatto esercitando, per l’appunto, poteri autoritativi o negoziali.

Di.sa. ribadisce che il fine è quello di neutralizzare possibili conflitti di interesse nello svolgimento delle funzioni e di incarichi attribuiti a un dipendente pubblico al fine di salvaguardare l’imparzialità dell’azione amministrativa.

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