Frodi Superbonus: la Cassazione sui mezzi di prova
È possibile utilizzare le intercettazioni telefoniche e ambientali disposte in un procedimento penale, nell’ambito di un diverso processo che riguarda l’ottenimento illegittimo del superbonus?
Frodi Superbonus e intercettazioni: l’intervento della Cassazione
Ha risposto a questa domanda la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza 19 settembre 2023, n. 38298 resa in riferimento ad un ricorso presentato per l’annullamento di una decisione del Tribunale che aveva a sua volta rigettato il ricorso contro un provvedimento che aveva applicato al ricorrente la misura di custodia in carcere.
L’illecito contestato riguardava la costituzione, insieme ai propri familiari, di un sodalizio criminale per usufruire di agevolazioni non dovute in relazione ad interventi di superbonus ed altro per ottenere illecitamente un credito d’imposta non dovuto, successivamente cedute, in assenza di lavorazioni eseguite a tal fine, con monetizzazione immediata dei relativi importi.
Nel dettaglio sono stati contestati i seguenti reati previsti dal Codice Penale:
- art. 61 (Circostanze aggravanti comuni);
- art. 81 (Concorso formale. Reato continuato);
- art. 99 (Recidiva);
- art. 110 (Pena per coloro che concorrono nel reato);
- art. 112, comma 1, n. 2 (Circostanze aggravanti) che prevede un aumento di pena per chi ha promosso od organizzato la cooperazione nel reato, ovvero diretto l’attività delle persone che sono concorse nel reato medesimo;
- art. 336 (Violenza o minaccia a un pubblico ufficiale);
- art. 416 (Associazione per delinquere), commi 1 e 2, che prevede la reclusione dal uno a cinque anni;
- art. 481 (Falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità);
- art. 512-bis (Trasferimento fraudolento di valori);
- art. 648-ter.1 (Autoriciclaggio).
Oltre che la violazione dell’art. 119, comma 13-bis, del Decreto Legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio) relativo all’asseverazione del rispetto dei requisiti minimi degli interventi.
L’utilizzo delle intercettazioni
Per il provvedimento di condanna, il Tribunale aveva utilizzato delle intercettazioni provenienti da un altro procedimento penale in corso. Ed è proprio questo l’aspetto contestato dal ricorrente che, tra le altre cose, avrebbe ritenuto non utilizzabili queste intercettazioni.
La Cassazione ha, però, confermato l’operato del Tribunale che ha adeguatamente argomentato il motivo dell’utilizzo delle intercettazioni, chiarendo come le stesse disposte in altro procedimento possano essere utilizzate, tenendo conto in primo luogo dell’epoca nella quale le stesse sono state disposte, con applicazione della nuova formulazione dell’art. 270 cod. proc. pen., a prescindere dal profilo della connessione ed evidenziando in secondo luogo la diretta utilizzabilità di tali esiti captativi nel caso in esame in considerazione del titolo di reato contestato (in particolare art. 648-ter.1. cod. proc. pen.) e del combinato disposto degli artt. 270 e 266 cod. proc. pen.
L’art. 270, comma 1 del c.p.p. prevede infatti:
I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino rilevanti e indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza e dei reati di cui all’articolo 266, comma 1.
La deroga al divieto di utilizzo delle intercettazioni
Alla luce di questo articolo, la Cassazione ha chiarito che esistono due distinte deroghe al divieto di utilizzazione di captazioni effettuate in diverso procedimento:
- la prima ricalca la disciplina previgente, e consente la circolazione extra procedimentale delle intercettazioni in relazione all’accertamento dei delitti per i quali è obbligatorio l’arresto obbligatorio in flagranza;
- la seconda concerne i reati di cui all’art. 266, comma 1, cod. proc. pen. (nel caso di specie delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni determinata a norma dell’art. 4 cod. proc. pen.).
Ne consegue che per la prova di reati che rientrano nelle suddette deroghe i risultati delle intercettazioni sono utilizzabili anche in procedimenti diversi da quello in cui sono state autorizzate se sono rilevanti e indispensabili. Dunque, l’utilizzabilità delle captazioni risultate aliunde, in altri termini, presuppone o che il reato sia tanto grave che per esso il legislatore ha previsto l’arresto obbligatorio in flagranza, o, alternativamente, che per il titolo di reato accertato sarebbe stato comunque consentito procedere autonomamente ad operazioni di intercettazione.