Il T.A.R. boccia il MIT, che cade sulla ribassabilità dei costi della manodopera (e sui refusi)

Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (PROVVEDITORATO INTERREGIONALE PER LE OPERE PUBBLICHE Veneto – Trentino Alto Adige – Friuli Venezia Giulia) pubblica un bando di gara (consultabile qui), prevedendo un importo complessivo posto a base di gara pari ad € 7.710.597,04 (oltre l’I.V.A.), dei quali 1.487.299,71 relativi al costo della manodopera non soggetto a ribasso d’asta, ed € 187.212,44 per oneri della sicurezza parimenti non soggetto a ribasso d’asta.

Il disciplinare chiariva poi a pag. 6 che il ribasso percentuale doveva essere espresso sull’importo complessivo a base di gara, inclusi i COSTI DELLA MANODOPERA e gli ONERI DELLA SICUREZZA pari a €. 7.710.597,04”.

Peccato che dipoi, a pag. 20, il disciplinare prevedesse che RIBASSO UNICO PERCENTUALE dovesse essere offerto sull’importo «a corpo ed a misura» posto a base d’appalto per l’esecuzione dei soli lavori soggetti a ribasso, prevedendo peraltro  fra parentesi un valore ((euro 4.968.440,65) che costituiva chiaramente un refuso.

L’aggiudicataria ha indicato nel modello informatico di offerta economica generato dal portale (d’ora innanzi solo “il modello informatico”) un ribasso del 17,20% “sull’importo complessivo stimato a base di gara” e, quindi, sull’importo di € 7.710.597,04, espressamente indicato dalla lex specialis (pag. 6), pari quindi ad un ribasso di € 1.326.222,69 ed un importo finale dell’offerta di € 6.384.374,35.

Sennonché la stessa aggiudicataria, questa volta sulla base di quanto indicato alla pag. 20 del disciplinare, ha dichiarato nel modulo offerta economica inserito nella busta telematica “C” (d’ora innanzi solo il “modulo della busta C”) la stessa percentuale di ribasso pari al 17,20% calcolata questa volta “sull’importo «a corpo ed a misura» posto a base d’appalto per l’esecuzione dei soli lavori” e quindi sul diverso importo di € 6.036.084,89. Stando a questa seconda indicazione, il ribasso corrisponderebbe alla diversa cifra di € 1.038.206,60 e l’importo finale dell’offerta sarebbe quindi pari ad € 6.672.390,44.

T.A.R. Friuli Venezia Giulia, I, 27 settembre 2024, n. 295, nell’accogliere il ricorso del secondo graduato, boccia il MIT, e dà atto “di una non lineare formulazione del testo del disciplinare, potenzialmente foriera di confusione”.

Secondo il Collegio l’offerta dell’aggiudicataria era insanabilmente ambigua. Non si trattava infatti “di un semplice e innocuo errore materiale facilmente individuabile, giacché l’errore poteva oggettivamente annidarsi tanto nel “modello informatico” quanto nel “modulo della busta C”, non essendo autoevidente – nemmeno esaminando la complessiva documentazione dell’offerta economica – quale delle due indicazioni fosse in realtà quella corretta“.

Per tali ragioni “l’offerta doveva essere giudicata inammissibile perché effettuata in violazione dell’art. 17, comma 4, del d.lgs. n. 36/2023 e del principio di unicità dell’offerta, con la conseguenza che l’offerente doveva essere escluso dalla gara“.

Già l’art. 41, c.14 del Codice, per come interpretato dalla giurisprudenza prevalente (possibilità di fare un ribasso su un importo scorporato dall’importo assoggettato a ribasso), è foriero di confusione.

Se poi il MIT si perde con un clamoroso refuso sull’aspetto più importante di una procedura di gara (i.e. l’importo a base di gara), la frittata è servita…

 

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