Illegittima la riparametrazione dei requisiti operatore in fase aggiudicazione. La riparametrazione dei requisiti tecnici e professionali di un concorrente, rispetto a quanto stabilito dal disciplinare di gara, rende illegittima l’eventuale aggiudicazione ottenuta. Il “favor partecipationis” nei confronti delle piccole imprese così come per quelle di nuova costituzione, per quanto possa permeare un disciplinare di gara, non può sostanzialmente cambiare le regole del gioco. Lo conferma il Consiglio di Stato, con la sentenza n.1190/2022 da seguito dell’appello presentato da una società a cui era stata revocata l’aggiudicazione di un appalto proprio per questo motivo.
Riparametrazione requisiti tecnici: la sentenza del Consiglio di Stato
Il disciplinare di gara prevedeva come requisiti l’operatività da almeno tre anni, con un fatturato medio anno di 240mila euro. L’impresa aggiudicataria era una società invece esistente da pochi mesi rispetto alla data di pubblicazione del bando, che era risultata in possesso del requisito di capacità professionale richiesto perché in sede di compilazione del DGUE aveva evidenziato di aver acquisito il ramo d’azienda di una società, che poteva attestare un fatturato nei tre anni precedenti.
Di conseguenza, il requisito di capacità tecnico professionale era stato riparametrato dalla stazione appaltante con riferimento al periodo di effettiva attività, in ossequio al principio del “favor partecipationis” per le imprese di nuova costituzione, in aderenza alle coordinate evincibili sia da diverse pronunce dell’ANAC che del Consiglio di Stato.
Il TAR non ha ritenuto pertinente la tecnica della riparametrazione e ha annullato l’aggiudicazione.
I criteri di selezione degli offerenti
Sul merito, il Consiglio di Stato ha specificato che la disciplina che governa i criteri di selezione e i corrispondenti mezzi di prova della capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale degli operatori è compendiata agli artt. 83 e 86 del d.lgs. n. 50/2016 (Codice dei Contratti Pubblici). Tale disciplina è permeata, a livello generale, dal principio del favor partecipationis, in favore segnatamente delle piccole e medie imprese e che evidentemente si estende in un’ottica pro concorrenziale anche alle imprese di nuova costituzione.
In particolare, l’articolo 83 comma 2 del Codice, dispone che “i requisiti e le capacità di cui al comma 1 sono attinenti e proporzionati all’oggetto dell’appalto, tenendo presente l’interesse pubblico ad avere il più ampio numero di potenziali partecipanti, nel rispetto dei principi di trasparenza e rotazione”.
Nella redazione della lex specialis, la singola stazione appaltante deve necessariamente raccordarsi con questo vincolo conformativo, la cui violazione evidentemente può refluire sulla legittimità del bando ove restringa in modo ingiustificato la platea dei soggetti legittimati alla partecipazione alla competizione. Nel caso in esame, il bando non conteneva nessuna disposizione derogatoria della ordinaria disciplina di gara.
Il disciplinare è un autovincolo dell’Amministrazione
Come confermato dall’orientamento giurisprudenziale “quando l’Amministrazione, nell’esercizio del proprio potere discrezionale decide di autovincolarsi, stabilendo le regole poste a presidio del futuro espletamento di una determinata potestà, la stessa è tenuta all’osservanza di quelle prescrizioni, con la duplice conseguenza che:
a) è impedita la successiva disapplicazione;
b) la violazione dell’autovincolo determina l’illegittimità delle successive determinazioni.
L’autovincolo costituisce un limite al successivo esercizio della discrezionalità, che l’amministrazione pone a se stessa e che si traduce nell’individuazione anticipata di criteri e modalità, per evitare la possibile applicazione in fase di decisione di criteri decisionali non imparziali.
La garanzia dell’autovincolo, nelle procedure concorsuali, è fondamentalmente finalizzata alla par condicio: conoscere in via anticipata i criteri valutativi e decisionali della commissione valutatrice, in un contesto in cui le regole di partecipazione sono chiare e predefinite, mette in condizione i concorrenti di competere lealmente su quei criteri, con relativa prevedibilità degli esiti
Da questo punto di vista il requisito di capacità tecnica del disciplinare rappresenta un autovincolo, peraltro motivato.
Quindi, secondo il Consiglio di Stato, il giudice di prime cure ha rilevato correttamente l’insufficienza degli elementi utili a comprovare il possesso, da parte della società aggiudicataria, dei necessari requisiti di capacità tecnico professionale: l’appellante infatti aveva comunque solo circa 6 mesi di esperienza e il fatturato medio rimaneva decisamente sotto la soglia richiesta.
Di conseguenza, l’appello è stato respinto: non era possibile modificare i requisiti in modo da renderli adattabili a imprese di recente costituzione ed effettuare una riparametrazione, che si sarebbe risolta in una modifica ex post dei criteri di selezione degli offerenti.