Il momento in cui la quantificazione dei costi della manodopera viene in rilievo è quello della predisposizione dell’offerta da parte del concorrente, che ha l’obbligo di indicarli nell’offerta economica a pena di esclusione.

Lo scopo di questo obbligo è quello di offrire alla stazione appaltante la possibilità di accertare la sostenibilità e la remuneratività dell’offerta, che non sarebbero garantite laddove il prezzo offerto non fosse sufficientemente capiente a contenere sia i costi della manodopera che gli altri costi generali e l’utile di impresa.

Non solo: l’obbligo di indicare i costi della manodopera persegue altresì la finalità di tutelare i lavoratori impiegati nella commessa, per i quali occorre accertarsi che sia quantomeno garantito il rispetto dei minimi salariali stabiliti dal CCNL, pena il rischio di sfruttamento della manodopera o di ricorso al lavoro nero.

Naturalmente, nell’indicare in offerta i costi della manodopera, l’operatore economico non deve fare riferimento ad un costo medio del lavoro ma ai propri costi effettivi, cioè a quanto lui ritiene di dover sostenere in caso di aggiudicazione della commessa, tenuto conto del numero di ore di lavoro da impiegarsi nell’appalto, delle eventuali condizioni di esecuzione migliorative proposte, delle figure professionali che intende impiegare in esso e del loro costo orario effettivo, ecc..

Di.sa. ricorda che il costo della manodopera quantificato dal concorrente potrà quindi certamente discostarsi da quello stimato dalla stazione appaltante sulla base dei costi medi tratti dalle tabelle ministeriali, in quanto i reali valori aziendali possono ben risultare inferiori a causa di agevolazioni, sgravi fiscali o contributivi, detrazioni varie, nonché a causa di tassi di assenteismo del personale inferiori alla media. Esso tuttavia non potrà in nessun caso essere inferiore ai minimi salariali stabiliti dai contratti collettivi di riferimento, pena l’esclusione dell’offerta della procedura per incongruità non giustificabile.

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