Limiti al subappalto contrari alla normativa europea? Per Assistal la sentenza UE apre scenari di incertezza e illegalità. Nell’attesa, ormai prossima, che venga pubblicato il nuovo regolamento di attuazione del Codice dei contratti pubblici previsto dopo le modifiche apportate dalla Legge 14 giugno 2019, n. 55 di conversione del Decreto- Legge 18 aprile 2019, n. 32 (c.d. Sblocca Cantieri), continua la querelle intorno alle disposizioni italiane che regolano il subappalto. Con la sentenza 26 settembre 2019, causa C- 63/18 la Corte di giustizia europea ha messo in dubbio l’art. 105, comma 2 del Codice dei contratti che limita al 30% la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi, perché sarebbe contrario alla normativa comunitaria.
Da qui la lettera di costituzione in mora con la quale la Commissione Europea ha rilevato che nelle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE non vi sono disposizioni che consentano un limite obbligatorio (30%) all’importo dei contratti pubblici che può essere subappaltato. Al contrario, le direttive si basano sul principio secondo cui occorre favorire una maggiore partecipazione delle piccole e medie imprese (PMI) agli appalti pubblici, e il subappalto è uno dei modi in cui tale obiettivo può essere raggiunto.Sentenza che ha ricevuto la soddisfazione da parte dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) perché ha confermato la loro tesi, sostenuta sin dall’entrata in vigore del Codice dei contratti del 2016 ed espressa con un esposto presentato alla Commissione europea, per la quale la norma sul limite al subappalto avrebbe un grave impatto sulla libertà di organizzazione d’impresa.Non tutti hanno, però, apprezzato l’intervento della Comunità Europea.
È il caso di ASSISTAL che ha affidato ad un comunicato stampa la propria preoccupazione. “Le motivazioni addotte dalla Corte ci appaiono – ha affermato Angelo Carlini Presidente di ASSISTAL – parziali nella sostanza e incuranti di alcune peculiarità nazionali, che hanno portato all’introduzione dell’istituto del subappalto con la legge antimafia, n.55 del 1990. È del tutto evidente come intaccare tali disposizioni, resesi necessarie per rispondere a problematiche specificatamente italiane, possa restituire una situazione fuori controllo e riportare il Paese a livelli di illegalità ormai superati. La regolamentazione vigente – prosegue Carlini – è garante di valori costituzionali quali la difesa dell’ordine e della sicurezza pubblica, che non possono essere ignorati e sottovalutati. Siamo sorpresi da una sentenza che non si limita a rivedere le soglie di applicazione del subappalto, ma che ne intima la totale cancellazione in nome della concorrenza e del libero mercato”.
Il giudizio di ASSISTAL si basa sulla lettura della Direttiva Europea 2014/24 che legittimerebbe gli Stati membri nel “prevedere, nel proprio diritto interno, disposizioni più rigorose rispetto a quelle previste dalla predetta direttiva” (art. 71). Viene anche citata una sentenza del 22 ottobre 2015 per la quale “il contrasto al fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici costituisce un obiettivo legittimo che può giustificare una restrizione delle regole comunitarie”. In tal senso, secondo ASSISTAL, il legislatore italiano ha limitato il subappalto, attuando una restrizione delle regole comunitarie, per contrastare infiltrazioni criminali che non trovano riscontro negli altri paesi dell’Unione e che richiedono un intervento normativo specifico da parte dello Stato nazionale, quale miglior conoscitore della propria realtà interna.
Secondo ASSISTAL “non si può sorvolare sulle valutazioni dello stesso Governo italiano, il quale ritiene inefficaci i controlli di verifica dell’amministrazione aggiudicatrice. In ultimo, si sottovaluta troppo spesso che una liberalizzazione ha ripercussioni di vario ordine, da quello sociale, perché si restituiscono ai cittadini opere pubbliche scadenti, a quello economico, perché si penalizzano le imprese nazionali a favore di prodotti e servizi esteri di pessima fattura e da parte di operatori che non applicano il diritto italiano“.