Perdere il Superbonus per colpa dell’impresa: provare il danno non è scontato

Le controversie con le imprese di costruzioni sono sempre molto delicate. Se poi ci sono di mezzo i bonus edilizi entrano in gioco fattori complessi, e gli elementi tecnici si mescolano a quelli giuridico-fiscali, rendendo ancora più incerto l’esito di un eventuale giudizio.

Il tema è particolarmente “caldo” in relazione ai numerosi problemi che possono sorgere nel rapporto tra committente dei lavori (nonché beneficiario delle detrazioni) e impresa esecutrice. La normativa in materia di bonus edilizi, infatti, lega la corretta maturazione dei bonus anche ad adempimenti di natura tecnica che gravano proprio sul costruttore. Non è raro, in tale contesto, che il committente si trovi quindi a perdere il diritto alla detrazione a causa di alcuni intoppi avvenuti in cantiere o comunque legati al comportamento dell’impresa. Si pensi al mancato rispetto delle scadenze previste per la realizzazione dei lavori, o alla necessità che gli interventi conseguano determinati risultati.

In queste situazioni, il committente subisce un danno innanzitutto dovuto all’inadempimento, ma anche connesso alla mancata possibilità di fruire del beneficio fiscale prospettato.

Tale tipo di danno, c.d. “da perdita di chance”, ha già fatto il suo ingresso nelle aule di giustizia, portando a sentenze contrastanti, che però concordano sull’importanza decisiva degli elementi di prova. Dimostrare che il mancato accesso alla detrazione dipende direttamente dall’operato del costruttore, e rivalersi così su di esso, non è scontato, e richiede di portare elementi tecnici a supporto della propria pretesa risarcitoria.

Il nesso tra danno e inadempimento

La giurisprudenza che sta maturando sul tema evidenzia come non sia sufficiente “accusare” l’impresa di inadempimento per ottenere ristoro anche della perdita di un bonus edilizio. Certamente, un costruttore che non esegue nei tempi concordati le opere provoca dei danni risarcibili al committente, ma una carenza probatoria rispetto al collegamento tra detto inadempimento e la “perdita di chance” può portare il Giudice a negare il ristoro specifico relativo alla mancata detrazione.

È stato questo il caso, ad esempio, della sentenza n. 1690/2023 emanata dal Tribunale di Treviso, chiamato a intervenire da un proprietario che ha appaltato lavori agevolabili con Superbonus a un’impresa che però non li aveva mai realizzati. Nonostante il Giudice abbia risolto il contratto d’appalto per inadempimento, egli non ha esteso i danni alla “perdita di chance”, argomentando che “l’accoglimento della domanda risarcitoria presuppone comunque la prova, sia pure indiziaria, dell’utilità patrimoniale che il creditore avrebbe conseguito se l’obbligazione fosse stata adempiuta e deve pertanto escludersi per i mancati guadagni meramente ipotetici”. In particolare, il proprietario non ha prodotto “alcunché che possa permettere di ritenere provato, secondo un rigoroso giudizio di probabilità, che se non vi fosse stato l’inadempimento della convenuta l’attore avrebbe potuto giovarsi del bonus fiscale”. Ebbene, in caso di bonus edilizi la “utilità patrimoniale” astrattamente conseguibile che va provata dipende anche da elementi di natura tecnica, cosicché allegare una perizia che dettagli tali elementi può rendere evidente il collegamento tra inadempimento e perdita del bonus.

 

Il risarcimento può essere ridotto

Altri Giudici, invece, sono stati più “morbidi”, e in caso di carenze probatorie non hanno del tutto negato il risarcimento da “perdita di chance”, ma piuttosto hanno scelto di accordarne uno ridotto.

Il Tribunale di Roma, con sentenza 21607/2024, ha ritenuto che nel caso specifico il nesso tra inadempimento e perdita del bonus non fosse completamente provato, ma ha scelto di determinare comunque tale danno in via equitativa, in misura “pari al 70% del bonus astrattamente riconoscibile”. Nel dettaglio, il condominio che ha fatto ricorso al giudice romano era stato abbandonato dal costruttore, perdendo la possibilità di accedere al Bonus Facciate. Al momento di decidere sull’ammontare del danno da ristorare, il Tribunale ha però specificato che “in tale liquidazione non può farsi a meno che il risarcimento riguarda un danno che non consiste nella lesione di un diritto soggettivo maturato, ma nella lesione di un’aspettativa legittima ad un diritto soggettivo non ancora maturato”. A ciò consegue, prosegue il Giudice, che “deve essere da questi (l’appaltatore, ndr.) risarcita la chance (indubbiamente elevatissima) che l’attore avrebbe potuto usufruire di tale bonus”. Tuttavia, il condominio ha fornito prova della sussistenza di solo alcuni dei requisiti per accedere al bonus, portando così il Tribunale a ridimensionare, come anticipato, l’ammontare del risarcimento.

 

Il valore della perizia

È evidente che in simili casi tutto ruota intorno alla necessità di allegare i documenti in grado di provare ogni singolo requisito di spettanza del bonus e di ricostruire il comportamento concreto del costruttore. Da ciò, infatti, dipende se non l’ottenimento di un risarcimento di per sé, almeno l’estensione del suo ammontare a totale copertura del bonus perduto. Si tratta di elementi che solo professionisti esperti in materia possono individuare compiutamente, dettagliandoli, ad esempio, in una perizia.

I suoi contenuti non solo sono ammissibili come prova, ma possono anche rappresentare il tassello decisivo su cui il giudice basa la propria sentenza, e anche se la perizia è “confezionata” al di fuori del processo.

Sul punto, ad esempio, la sentenza n. 3524/2023 della Cassazione ha stabilito che “non è vietato al giudice del merito, nella valutazione di tutti gli elementi sottopostigli e sempre che ne dia adeguata ragione, di porre a base della propria decisione una perizia stragiudiziale di parte – anche se impugnata dall’avversario e nonostante il suo valore di mera allegazione defensionale invece che di mezzo di prova legale”.

 

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