Ribasso costi della manodopera: tanto rumore per nulla?
Un aspetto controverso del nuovo Codice Appalti (D.Lgs. n. 36/2023) è se sia ancora possibile, o meno, ribassare il costo della manodopera in sede di gara. Sul punto, due recenti sentenze del Consiglio di Stato, da una prima lettura, sembrano affermare conclusioni opposte.
La disciplina vigente e due filoni interpretativi differenti
L’art. 41, comma 14, del Codice, se da un lato dispone lo scorporo dei costi della manodopera dall’importo soggetto a ribasso, dall’altro fa salva la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo, deriva da una più efficiente organizzazione aziendale.
Mentre l’art. 108, comma 9 prevede espressamente che nell’offerta economica l’operatore indichi, a pena di esclusione, i costi della manodopera.
Secondo l’interpretazione aderente alla littera legis, gli oneri della manodopera stimati dalla stazione appaltante non sarebbero direttamente ribassabili, come accadeva nel sistema previgente, ma il concorrente con costi del lavoro inferiori potrebbe comunque giovarsi della propria favorevole situazione organizzativa, offrendo un maggiore ribasso sull’importo dei lavori o servizi oggetto della commessa (in tal senso cfr. T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 8 febbraio 2024, sentenza n. 119 e sentenza n. 120).
Si evidenzia, tuttavia, che lo scorporo del costo della manodopera dalla base d’asta finisce per ridurre notevolmente la parte del prezzo rispetto alla quale gli operatori economici possono formulare il proprio ribasso. Ciò potrebbe risultare problematico negli appalti di servizi, ove il costo della manodopera è nettamente preponderante rispetto al costo delle attrezzature e materiali impiegati nell’appalto.
In base ad una seconda e antitetica ricostruzione esegetica, invece, nulla sarebbe mutato rispetto al codice del 2016, cosicché il costo della manodopera, seppur indicato separatamente negli atti di gara, continuerebbe a costituire una componente dell’importo complessivo su cui l’operatore applica il ribasso per definire il prezzo contrattuale (T.A.R. Toscana, sez. IV, 29 gennaio 2024, n. 120; T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. III, 19 dicembre 2023, n. 3787; delibera Anac 15 novembre 2023, n. 528).
Il bando tipo n. 1 ANAC è in linea con tale secondo orientamento e individua un “importo a base di gara” comprensivo del costo della manodopera, nonostante il disciplinare precisi nel capoverso successivo che il costo della manodopera non risulta soggetto a ribasso.
L’ANAC giustifica tale scelta precisando che è stato ritenuto più agevole applicare il ribasso ad un importo totale comprensivo dei costi di manodopera, ribadendo che questi ultimi non sono soggetti a ribasso. Eventuali riduzioni del costo della manodopera proposte dall’operatore nell’offerta sono, poi, oggetto di verifica ai sensi dell’art. 110, comma 4, tenendo conto che non sono ammesse giustificazioni in relazione ai trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge. L’operatore economico, quindi, può giustificare l’offerta di un costo del personale inferiore rispetto a quello individuato dalla stazione appaltante adducendo come motivazione una migliore organizzazione del lavoro o la possibilità di beneficiare di sgravi fiscali o contributivi.
La sentenza del Consiglio di Stato n. 9084 del 12 novembre 2024
Sul tema si attendeva l’intervento del Consiglio di Stato, affinché fornisse un’interpretazione univoca della questione, ma, al contrario, le più recenti sentenze hanno destato ulteriori dubbi e perplessità.
Con sentenza del Consiglio Stato n. 9084 del 12 novembre 2024 è stata decisa una controversia in merito ad una gara per il servizio di ristorazione, ove il bando richiedeva di formulare l’offerta mediante l’indicazione di una percentuale di ribasso sul costo unitario del pasto offerto.
L’aggiudicatario, nell’offerta, aveva indicato dei costi della manodopera di importo inferiore a quelli della stazione appaltante e il giudice di primo grado (TAR Campania n. 3732/2024) aveva ritenuto comprovate e motivate le economie di scala indicate in sede di giustificativi.
La decisione del Tar è stata impugnata avanti il Consiglio di Stato, il quale ha valorizzato il fatto che il disciplinare di gara prevedeva espressamente il divieto di ribasso dei costi della manodopera. Tale divieto è stato ritenuto “espressivo della volontà della stazione appaltante di connotare la specifica disciplina della gara nel senso di escludere dalla dinamica dei ribassi la componente relativa al costo della manodopera”.
Il Consiglio di Stato ha quindi statuito che “quand’anche il ribasso dei costi relativi alla manodopera fosse consentito dalle norme primarie, l’esplicita ed inequivoca previsione di segno contrario portata dalla – non impugnata – lex specialis non consente la presentazione di un’offerta riportante un simile ribasso”.
Tale sentenza pare quindi consentire alle stazioni appaltanti di vietare, espressamente (con clausola ad hoc), la possibilità di ribassare i costi della manodopera, in modo che il costo del lavoro indicato negli atti di gara sia immodificabile e inderogabile.
Ma leggere tale sentenza in tali termini pare forse eccessivo, in considerazione del fatto che i giudici si sono premurati di giustificare la decisione evidenziando che nel caso di specie “i costi della manodopera risultano del tutto parziali nelle giustificazioni…mancano proprio, in detto costo, gran parte delle risorse e dell’organizzazione offerta. Infatti, vengono considerati nelle giustificazioni solo il costo dei 20 addetti + un autista, per complessive 5890,5 ore annue. Risultano invece obliterate invece tutte le altre figure dichiarate in offerta economica, che peraltro cubano, in termini di impiego, ben 13311 ore annue, più del doppio, come da seguente tabella”.
La decisione, quindi, risulta in sostanza motivata per la sostanziale mancata giustificazione, ad opera dell’aggiudicatario, del costo della manodopera offerto e dalla reale comprova di economie di scala.
La sentenza del Consiglio di Stato n. 9255 del 19 novembre 2024
Pochi giorni fa, sull’argomento, è intervenuta un’altra pronuncia: la sentenza n. 9255 del Consiglio di Stato, in cui sono state decise le sorti di una gara in cui ciascun concorrente avrebbe potuto sì ribassare il costo della manodopera – ricompreso nell’ambito del più complessivo importo posto a base di gara- ma avrebbe potuto farlo soltanto esponendo una cifra inferiore rispetto a quella computata ex ante dalla stazione appaltante.
L’offerente doveva esprimere un ribasso “Percentuale Unico Offerto”, da applicarsi ai servizi tecnici ed ai lavori al netto dei costi della manodopera, ovvero all’importo assoggettato al ribasso, concetto che, secondo la sentenza, andrebbe tenuto distinto dalla “base d’asta”.
Tuttavia, l’importo ribassabile indicato nella piattaforma era stato calcolato in modo errato dalla stessa stazione appaltante!
Cosicché l’aggiudicatario aveva introdotto, nella propria offerta e in particolare nell’allegato volto a dichiarare i costi della manodopera, un’annotazione, parzialmente riproduttiva della previsione generale del disciplinare, con l’indicazione di un importo assoggettato a ribasso comprensivo del costo della manodopera. Inoltre, l’aggiudicatario aveva indicato dei costi della manodopera di importo addirittura superiore a quelli stabiliti nel bando.
La Commissione di gara si era quindi premurata di ricostruire la volontà dell’offerente, ritenendo che il ribasso unico offerto non fosse comunque riferibile ai costi della sicurezza, anche in considerazione del fatto che la piattaforma telematica non consentiva agli operatori economici di variare l’importo ribassabile.
Il giudice di primo grado (TAR Calabria n. 567/2023) ha censurato l’operato della commissione, ritenendo che si fosse sostituita alla volontà dell’aggiudicatario, effettuando una non consentita manipolazione della relativa offerta, in luogo della doverosa esclusione della stessa.
Al contrario, il Consiglio di Stato, ha ritenuto corretta la decisione della stazione appaltante, che ha ricercato l’effettiva volontà dell’offerente sulla base di quanto inequivocabilmente indicato nella parte relativa all’indicazione del costo della manodopera concretamente offerto. Peraltro, il giudice ha ritenuto che tale operazione di ricostruzione della volontà dell’offerente è del tutto coerente con i principi del risultato e della fiducia, quali codificati dal nuovo codice dei contratti pubblici.
La sentenza, ad ogni modo, ha confermato la legittimità della lex specialis in questione che, diversamente dal bando tipo n.1, non richiedeva di formulare il ribasso su un importo comprensivo della manodopera, ma consentiva comunque di ribassare i costi della manodopera, indicandoli separatamente.
Ha poi statuito che “il d.lgs. n. 36 del 2023 segue la via tracciata dal d.lgs. n. 50 del 2016 nell’assicurare una tutela rafforzata degli interessi dei lavoratori, richiedendo ai partecipanti alla gara di indicare, in via separata, nella propria offerta economica, i costi della manodopera e i costi per gli oneri di sicurezza, e sanzionando con l’esclusione la violazione di detto obbligo (come evincibile dagli artt. 41, comma 13, e 108, comma 9, del d.lgs. n. 36 del 2023). Dalla lettura combinata delle disposizioni citate, emerge, infatti, la volontà di responsabilizzare gli operatori economici, allo scopo di assicurare che questi ultimi, prima di formulare il proprio “ribasso complessivo”, svolgano una seria valutazione preventiva dei predetti costi”.
Considerazioni conclusive
La giurisprudenza innanzi citata, ad avviso di chi scrive, sottolinea l’importanza che le stazioni appaltanti scrivano in modo chiaro i disciplinari di gara, indicando fin dall’inizio:
- l’importo sul quale l’operatore applica il ribasso;
- se tale importo comprenda o meno i costi della sicurezza.
A ben guardare, infatti, la giurisprudenza citata, seppure apparentemente opposta, sembra legittimare tutte le scelte operate in proposito dalle stazioni appaltanti: sia che seguano o meno l’impostazione del bando tipo.
L’importante è che una scelta, espressa e inequivoca venga fatta, affinché tutti gli operatori economici formulino l’offerta secondo gli stessi criteri, consentendo, tra l’altro, l’effettiva confrontabilità delle offerte stesse.
Le previsioni legislative, ad oggi, infatti, non risultano del tutto chiare e, come abbiamo visto analizzando la citata sentenza n. 9084, potrebbero essere lette finanche nel senso di consentire, mediante un’espressa previsione nel disciplinare, un divieto assoluto di ribasso dei costi della sicurezza.
Sarebbe quindi opportuno che l’imminente correttivo intervenisse sul Codice appalti, per chiarire che i costi della manodopera, seppure non ribassabili al punto da derogare ai minimi salariali, possano essere sempre inferiori a quelli indicati dalla stazione appaltante, nel segno della numerosa, concorde e univoca giurisprudenza precedente!