Superbonus e bonus edilizi costano allo Stato 110 miliardi di euro
Quanto costa il Superbonus allo Stato? Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) ha stimato che l’impatto del Superbonus e degli altri bonus edilizi è pari a 110 miliardi di euro, circa 38 miliardi in più del previsto.
Questo è uno dei motivi per cui il Governo intende razionalizzare gli strumenti di incentivazione fiscale e i meccanismi di cessione del credito potrebbero essere ulteriormente rivisti.
In un’audizione in Senato, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sule detrazioni fiscali e i crediti di imposta, il Direttore Generale del Dipartimento delle finanze del MEF, Giovanni Spalletta, si è soffermato su una serie di argomenti:
- costo Superbonus per lo Stato
- costo del bonus facciate e degli altri bonus edilizi;
- limiti alla cessione del credito e crisi di liquidità.
Quanto costa il Superbonus allo Stato
Spalletta ha fornito dei dati basati sulle previsioni tendenziali contenute nella Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (NaDEF). La NaDEF è stata messa a punto a novembre 2022, con le informazioni diffuse fino a quel momento.
Successivamente sono arrivate le rilevazioni condotte dall’Enea, che hanno fotografato la situazione del Superbonus per l’efficientamento energetico a dicembre 2022. L’onere del Superbonus deve quindi essere rivisto al rialzo.
Per il Superbonus, ricorda Spalletta, era stato inizialmente ipotizzato un costo pari a 36,55 miliardi di euro. Secondo l’aggiornamento, il costo è pari a 61,20 miliardi, quindi 24,6 miliardi in più.
Quanto costa il Superbonus allo Stato? Posizioni opposte
Il costo del Superbonus per lo Stato è un tema spinoso, che ha infiammato il dibattito politico e viene valutato da diversi punti di vista. C’è chi lo considera un onere, come il Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, che in sede di definizione della NaDEF, a novembre, ha affermato che il Superbonus costa troppo ed è poco equo.
Ci sono poi una serie di soggetti che nel Superbonus hanno sempre visto un’opportunità non solo per l’efficientamento energetico, ma anche di ricadute globali sull’economia. Sull’argomento sono stati pubblicati una serie di studi.
La scorsa estate, i costruttori edili hanno condotto un’indagine basata su un progetto tipo. La conclusione è stata che il 47% della spesa torna allo Stato sotto forma di maggiori entrate. Allo studio dell’Ance ha fatto seguito quello del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, che ha sottolineato come il gettito mitighi la spesa a carico dello Stato.
Lo scorso novembre, quindi parallelamente alle esternazioni di Giorgetti, il Censis ha affermato che il 70% dei costi del Superbonus sono ripagati dal gettito creato dalla produzione aggiuntiva innescata dagli interventi di efficientamento energetico.
Bonus facciate e altri bonus edilizi, l’impatto per lo Stato
Dopo aver esaminato il costo del Superbonus per lo Stato, Spalletta si è soffermato sugli altri bonus edilizi. Anche per il bonus facciate l’impatto economico è stato maggiore del previsto. Il costo, stimato in quasi 6 miliardi di euro, nella realtà è pari a 19 miliardi, cioè 13 miliardi in più.
Al contrario, le stime di costo degli altri bonus edilizi, pari a quasi 30 miliardi di euro, sono state confermate anche nella realtà. In generale, quindi, i maggiori costi sono determinati dal Superbonus e dal bonus facciate, mentre per gli altri bonus fiscali non sono stati rilevati scostamenti rispetto alle previsioni.
Cessione del credito, potrebbe cambiare ancora
Determinare quanto costa il Superbonus allo Stato, insieme agli altri bonus edilizi, è un tema che si intreccia con un’altra problematica: il blocco della cessione dei crediti e la crisi di liquidità che ha colpito professionisti e imprese. Come ricordato da Spalletta, inizialmente la cessione del credito non era soggetta a vincoli, ma sono emerse due problematiche: il debito pubblico causato dalle cessioni illimitate e le truffe che si sono verificate.
Per risolvere queste difficoltà, sono stati introdotti paletti nelle procedure. Il risultato, oltre ad una generale incertezza, ha fatto emergere il problema del cessionario che, a causa della limitazione del numero delle cessioni, può trovarsi nella situazione di non avere sufficienti debiti tributari o previdenziali da compensare con il credito di imposta acquistato e, contemporaneamente, non poter più cedere il credito medesimo, perdendo, in tal modo, definitivamente una parte o una quota del credito stesso.
Una soluzione è stata ideata dal Governo con il Decreto “Aiuti-quater”, che ha introdotto la cessione del credito in 10 anni anzichè in 4. “Altre ipotesi di revisione – ha concluso Spalletta – possono, comunque, essere valutate in relazione agli interventi avviati entro il 2022, sempre in coerenza con i vincoli imposti dal rispetto dei saldi programmati di finanza pubblica”.
Ricordiamo che l’Eurostat ha affermato che la cessione del credito senza limiti crea debito pubblico, quindi eventuali rimodulazioni del meccanismo di cessione devono risultare compatibili con l’esigenza di non pesare sulle casse pubbliche.