Superbonus e cessione del credito: la grande assente nella conversione del D.L. n. 11/2023
Può ormai considerarsi concluso il percorso di modifica del Decreto Legge n. 11/2023 (Decreto blocca cessioni) sul quale, dopo il via libera della Camera, si attende solo l’approvazione definitiva da parte del Senato e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge di conversione.
Le modifiche al Decreto blocca cessioni
Il percorso alla Camera si è concluso, come tutti ci aspettavamo, con il voto di fiducia richiesto dal Governo al testo predisposto dalla VI Commissione Finanze dopo i pareri delle Commissioni I Affari Costituzionali, II Giustizia, V Bilancio e Tesoro, VIII Ambiente, X Attività produttive e XIV Politiche UE.
Un testo su cui il comparto delle costruzioni attendeva risposte concrete alle problematiche inerenti il blocco della cessione dei crediti edilizi, la sospensione di molto cantieri e le imminenti scadenze per le l’utilizzo del superbonus 110% sulle unifamiliari e la comunicazione all’Agenzia delle Entrate della scelta delle opzioni alternative (sconto in fattura e cessione del credito).
Relativamente alla scadenza del 31 marzo 2023, alla fine la decisione è stata quella di proseguire con le modifiche nel percorso di conversione in legge del Decreto blocca cessioni. Con un po’ più di coraggio e voglia politica, la proroga per il superbonus e per la scadenza della Comunicazione al Fisco si sarebbe potuta inserire all’interno di un Decreto Legge apposito (da emanare in 24 ore come fatto con il D.L. n. 11/2023) e da rimettere poi all’interno della legge di conversione in approvazione.
La scelta di intervenire nella legge di conversione creerà non poche problematiche nel periodo compreso tra il 31 marzo e la data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del nuovo provvedimento.
La grande assente della legge di conversione
Ciò che rileva all’interno del ddl di conversione non è, però, quello che è stato disposto e sarà ratificato dal Senato nelle prossime settimane, ma ciò che avrebbe potuto essere inserito (era anche stato presentato un emendamento) ma che alla fine non si è approvato.
Tra le oltre 300 proposte emendative risultava molto interessante quella che, ferme restando le ipotesi di dolo e il concorso nella violazione che determina la responsabilità in solido del fornitore che ha applicato lo sconto e dei cessionari, escludeva per i cessionari in buona fede il sequestro preventivo.
Un emendamento che prima della sua presentazione era uno dei punti all’interno della mozione presentata a gennaio di quest’anno (prima del D.L. n. 11/2023) dall’on. Erica Mazzetti (Forza Italia). La stessa Mazzetti aveva presentato la proposta emendativa che prevedeva una deroga esplicita all’articolo 321 del codice di procedura penale, che attribuisce l’esclusiva responsabilità in capo al soggetto originariamente beneficiario del credito d’imposta, senza coinvolgimento del terzo, di modo che i cessionari in buona fede, estranei a ogni reato, non possano essere destinatari di provvedimenti di sequestro preventivo, qualora dimostrino di aver acquisito il credito d’importa e che siano in possesso della seguente documentazione, relativa alle opere che hanno originato il credito d’imposta, le cui spese detraibili, sono oggetto delle opzioni previste.
Le sentenze della Cassazione
Una proposta che avrebbe risolto la principale problematica rilevata a giugno 2022 dalla Corte dei Conti e a ottobre dello stesso anno dalle ormai note 5 sentenze della Corte di Cassazione. Sentenze in cui era emerso che nella cessione del credito, non introducendo il Decreto Rilancio alcuna disciplina derogatoria a quella ordinaria penale, anche il cessionario in buona fede era sottoposto alla disciplina del sequestro preventivo. Il sequestro preventivo non finalizzato alla confisca implica l’esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa, non tra il reato e il suo autore, cosicché possono essere oggetto del provvedimento anche le cose in proprietà di un terzo, estraneo all’illecito ed in buona fede, se la loro libera disponibilità sia idonea a costituire un pericolo nei termini di cui all’art. 321, comma 1, cod. proc. pen..
Una deroga all’art. 321 del codice di procedura penale avrebbe senza dubbio “incentivato” la quinta cessione dalle banche ai correntisti non consumatori, al momento ferma al palo. Incentivando questa cessione le banche avrebbero aperto spazi di capienza e, insieme alle norme che hanno circoscritto ancora di più il concetto di responsabilità solidale, avrebbero riaperto anche gli acquisti dei crediti incagliati.
Nonostante questo, circolano voci di una possibile riapertura di Poste (voce che circola sin da quando il 7 novembre 2022 ha sospeso il servizio di acquisto) e di alcune delle principali Banche. Sarebbe interessante capire in che modo potranno riaprire se, come si va dicendo da mesi, la capienza fiscale è ormai stata saturata, ma su questo avremo maggiori certezze dopo la conversione in legge ufficiale.