Violazioni fiscali definitivamente accertate: i termini per impugnare la cartella ed evitare l’esclusione
Per evitare l’esclusione da una gara in caso di gravi violazioni fiscali definitivamente accertate non basta solo aderire alla definizione agevolata delle cartelle, ma è necessario impugnarle entro i termini stabiliti dalla legge.
Diversamente, non solo è legittima l’esclusione disposta ai sensi dell’art. 80, comma 4 del d.Lgs. n. 50/2016 (Codice dei Contratti Pubblici), ma lo è anche l’escussione della garanzia provvisoria.
Gravi violazioni fiscali definitamente accertate: legittima l’esclusione dalla gara
A spiegarlo è il Consiglio di Stato, con la sentenza del 13 agosto 2024, n. 7116, con cui ha confermato la revoca dell’aggiudicazione di un appalto di lavori in favore di un’impresa, dopo che erano state confermate delle gravi violazioni fiscali definitivamente accertate.
Secondo l’impresa ricorrente, la revoca dell’aggiudicazione e l’esclusione dalla gara sarebbero state illegittime in quanto aveva presentato, ai sensi della legge n. 197/2022, istanza di adesione alla definizione agevolata per le cartelle di pagamento. Fatto che la SA avrebbe ritenuto irrilevante, in quanto la cartella non era stata precedentemente impugnata e l’istanza era successiva alla data di presentazione della domanda di partecipazione alla procedura di gara.
Considerato che per la legge non è consentita una regolarizzazione postuma della posizione fiscale dell’operatore economico, è stato adottato il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione e l’esclusione dalla procedura.
Mancata impugnazione cartella di pagamento: le conseguenze sui requisiti di regolarità fiscale
Una tesi confermata da Palazzo Spada: l’impresa ha perso il requisito di regolarità fiscale nel periodo successivo alla data in cui la cartella è divenuta definitiva per mancata impugnazione, risultando irrilevante la successiva formalizzazione della domanda di adesione alla procedura di definizione agevolata.
Accertata la sussistenza della causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016, in relazione a un debito tributario ritenuto grave e con violazione divenuta definitiva, la stazione appaltante non può infatti che disporre l’esclusione dell’OE dalla gara.
Secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 240, della legge n. 197 del 2022, la sospensione dei termini di decadenza (e quindi anche del termine per impugnare la cartella di pagamento) ha effetto solo dopo la presentazione dell’istanza di definizione agevolata (testualmente: «A seguito della presentazione della dichiarazione, relativamente ai carichi definibili che ne costituiscono oggetto: a) sono sospesi i termini di prescrizione e decadenza […]»).
Ciò significa, in altri termini, che la società, avrebbe dovuto:
- tempestivamente impugnare la cartella (impedendone la definitività);
- successivamente aderire alla definizione agevolata.
In quella sede avrebbe dovuto rinunciare agli eventuali giudizi pendenti (come previsto dall’art. 1, comma 236 della legge n. 197 del 2022: «Nella dichiarazione di cui al comma 235 il debitore indica l’eventuale pendenza di giudizi aventi ad oggetto i carichi in essa ricompresi e assume l’impegno a rinunciare agli stessi giudizi, che, dietro presentazione di copia della dichiarazione e nelle more del pagamento delle somme dovute, sono sospesi dal giudice. L’estinzione del giudizio è subordinata all’effettivo perfezionamento della definizione e alla produzione, nello stesso giudizio, della documentazione attestante i pagamenti effettuati; in caso contrario, il giudice revoca la sospensione su istanza di una delle parti»). In sostanza, l’adesione alla definizione agevolata è intervenuta quando la cartella era già definitiva.
Non vi è dubbio, inoltre, che le norme richiamate in tema di definizione agevolata dei carichi tributari non prevedono alcuna automatica estinzione dei debiti tributari pendenti, non foss’altro perché è sempre necessaria una espressa manifestazione di volontà del contribuente di aderire alla definizione agevolata.
Escussione della garanzia: le finalità
Infine, in riferimento all’escussione della garanzia, l’art. 95, comma 6, del d.lgs. n. 50/2016 prevede che la garanzia provvisoria copre i danni derivanti dalla «mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario».
La garanzia, pertanto, anche secondo la ricostruzione giurisprudenziale prevalente, persegue essenzialmente due finalità:
- quella di garantire il rispetto delle regole di gara e la serietà dell’offerta presentata;
- quella di liquidare in via anticipata e forfettaria il danno subito dall’amministrazione aggiudicatrice per qualunque fatto riconducibile all’aggiudicatario, che abbia impedito la stipula del contratto
Una corretta qualificazione giuridica esclude che la garanzia provvisoria (o meglio: l’incameramento della cauzione o l’escussione della fideiussione) possa essere assimilata a una sanzione (connotata quindi da profili di afflittività per chi la subisce), anche sulla base dei criteri elaborati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (c.d. criteri Engel), come ha recentemente affermato la Corte costituzionale (sentenza 26 luglio 2022, n. 198), che ha smentito la natura punitiva dell’incameramento della cauzione provvisoria: «dall’importo della garanzia provvisoria, dalla previsione di forme alternative di costituzione (la cauzione o la fideiussione) e dal regime delle riduzioni previste dal legislatore, dunque, può ben desumersi l’assenza di quel connotato di speciale gravità, necessario affinché la misura pregiudizievole possa essere assimilata a una sanzione sostanzialmente penale».
Il ricorso è stato quindi respinto, confermando il provvedimento di revoca di aggiudicazione e l’esclusione dalla procedura di gara.